La tesi di laurea di Martina Zanon, “Disability Social: I social network come strumento di emancipazione per le persone con disabilità”, esplora il ruolo dei social network come strumenti di emancipazione per le persone con disabilità. La ricerca si propone di analizzare come queste piattaforme digitali possano essere utilizzate per promuovere l’inclusione sociale, combattere pregiudizi e stereotipi, e favorire l’autostima e l’accettazione di sé tra le persone con disabilità.
Zanon sottolinea come i social network siano diventati parte integrante della vita quotidiana, strumenti che ci connettono e ci aggiornano costantemente su ciò che accade in tutto il mondo. In questo contesto, la tesi si interroga su come queste tecnologie possano rappresentare un punto di forza per le persone con disabilità, offrendo loro nuove opportunità di partecipazione e inclusione sociale.
La tesi si articola in tre capitoli principali. Il primo capitolo offre una panoramica storica sulla percezione e il trattamento della disabilità, dalle culture greco-romane al Medioevo, dal Cristianesimo al genocidio nazista, per poi affrontare i movimenti di emancipazione delle persone con disabilità e la situazione attuale. Il secondo capitolo si concentra sui pregiudizi e gli stereotipi che ancora gravano sulla disabilità, analizzando i rischi di discriminazione e cyberbullismo nei social network, l’accessibilità di queste piattaforme e l’importanza della sensibilizzazione sul tema nelle scuole. Infine, il terzo capitolo esplora come le persone con disabilità possano trasformare i propri limiti in risorse attraverso l’uso dei social network, citando esempi di influencer e agenzie di moda che promuovono una visione inclusiva della bellezza, e discutendo i benefici e i potenziali rischi psicologici legati all’uso della tecnologia.
Capitolo 1: Un tuffo nel passato
Il primo capitolo offre un’analisi approfondita delle diverse concezioni di disabilità nel corso della storia, a partire dalla cultura greco-romana fino ai giorni nostri. L’autrice evidenzia come la percezione e il trattamento delle persone con disabilità siano profondamente cambiati nel tempo, passando da una condizione di esclusione e marginalizzazione a una maggiore consapevolezza e inclusione sociale.
Nella cultura greco-romana, la disabilità era spesso vista come un segno di imperfezione e inferiorità. I neonati con malformazioni fisiche venivano spesso uccisi, e le persone con disabilità erano escluse dalla società e considerate un peso. Platone, ad esempio, sosteneva che fosse inutile prendersi cura delle persone malformate e deboli. Anche nell’arte, la deformità era raramente rappresentata, con l’eccezione di Efesto, il dio greco del fuoco e della metallurgia, che veniva raffigurato con una menomazione alle gambe.
Nel Medioevo, le persone con disabilità continuarono a subire emarginazione e ingiustizie. La disabilità era spesso interpretata attraverso la lente della religione e della filosofia, piuttosto che della medicina e della giurisdizione. Le persone disabili erano escluse dalla società, non potevano ricevere i sacramenti e avevano capacità giuridiche limitate. Erano spesso oggetto di scherno e abusi, e venivano viste con paura e diffidenza. Anche in questo periodo, tuttavia, ci furono esempi di persone e istituzioni che cercarono di aiutare le persone con disabilità, come ospedali, istituti, orfanotrofi e monasteri che accoglievano bambini malformati e abbandonati.
La Bibbia, per molti anni, ha rappresentato una delle principali fonti di cultura scritta e di ispirazione per il popolo. Il Nuovo Testamento, in particolare, ha posto le basi religiose per molte prassi e fondazioni religiose dedicate alle persone con disabilità. Tuttavia, nel passato, e quindi nella religione, le persone con disabilità erano spesso giudicate come pericolose, malvagie e da cui era preferibile stare alla larga.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, la Germania nazista mise in atto un programma di eliminazione delle persone disabili, considerate “non meritevoli di vivere”. Attraverso le “operazioni di eutanasia”, migliaia di bambini e adulti con disabilità furono uccisi in ospedali e campi di concentramento. Questo tragico evento rappresenta uno dei punti più bassi nella storia del trattamento delle persone con disabilità, e un monito per non dimenticare mai l’importanza del rispetto e della dignità di ogni essere umano.
Fortunatamente, dopo la Seconda Guerra Mondiale, si sono sviluppati importanti movimenti di emancipazione delle persone con disabilità. Questi movimenti hanno lottato per il riconoscimento dei diritti delle persone con disabilità, per la loro inclusione sociale e per la promozione di una cultura della diversità e dell’accettazione. Nel 1960, a Roma, si sono tenuti i primi veri e propri giochi paralimpici, un evento che ha contribuito a dare visibilità alle capacità e alle potenzialità delle persone con disabilità.
Oggi, la disabilità è ancora un tema complesso e sfaccettato, ma sono stati fatti molti progressi nella direzione dell’inclusione e dell’uguaglianza. Tuttavia, rimangono ancora molti pregiudizi, stereotipi e falsi miti da sfatare, ed è necessario continuare a lavorare per sensibilizzare la società su questo tema, in particolare nelle scuole.
Capitolo 2: Pregiudizi e stereotipi, possibili strategie per promuovere un ambiente inclusivo e sicuro
Nel secondo capitolo, Martina Zanon fa sull’analisi dei pregiudizi e degli stereotipi che ancora gravano sulla disabilità, e sulle possibili strategie per promuovere un ambiente inclusivo e sicuro per le persone con disabilità, in particolare nel contesto dei social network.
L’autrice sottolinea come, nonostante i progressi compiuti negli ultimi decenni, la disabilità sia ancora spesso vista come qualcosa di “diverso” rispetto agli standard a cui siamo abituati, un problema, una limitazione. Questo può portare a discriminazioni e cyberbullismo nei confronti delle persone con disabilità, soprattutto online, dove l’anonimato e la distanza possono favorire comportamenti negativi.
Per contrastare questi fenomeni, è fondamentale promuovere l’accessibilità dei social network, rendendoli fruibili anche per le persone con disabilità sensoriali, motorie o cognitive. L’autrice evidenzia come, purtroppo, rendere accessibili alcuni social network risulti problematico, anche a causa della brevità dei video o dei reel, che spesso non possono essere descritti adeguatamente per le persone con disabilità visive. Tuttavia, negli ultimi tempi sono stati fatti alcuni progressi, e strumenti come i puntatori oculari possono rappresentare una grande risorsa per le persone con disabilità motorie nell’utilizzo dei social media.
Un’altra strategia fondamentale per promuovere l’inclusione e la sicurezza delle persone con disabilità è la sensibilizzazione sul tema nelle scuole. L’autrice sottolinea come sia importante educare i giovani alla diversità e all’accettazione, aiutandoli a superare i pregiudizi e gli stereotipi che possono portare a comportamenti discriminatori. In questo contesto, i social network possono essere utilizzati come strumenti per diffondere messaggi positivi e promuovere una cultura dell’inclusione.
Capitolo 3: Trasformare i propri limiti in risorse, anche mediante l’utilizzo dei social network
Il terzo e ultimo capitolo esplora come le persone con disabilità possano trasformare i propri limiti in risorse, anche attraverso l’utilizzo dei social network. L’autrice presenta esempi di persone con disabilità che hanno raggiunto importanti traguardi e sono diventate modelli di ispirazione per gli altri, dimostrando come la disabilità non sia un ostacolo insormontabile per la realizzazione personale e professionale.
Un esempio significativo è quello di Simone Pedersoli, un giovane influencer affetto da Atrofia Muscolare Spinale (SMA), che utilizza i social network per raccontare la sua quotidianità con un sorriso contagioso e per dimostrare che, nonostante le difficoltà, si può condurre una vita piena e ricca. Il suo libro, “I sogni hanno le ruote”, è un’ulteriore testimonianza della sua forza di volontà e della sua capacità di trasformare i propri limiti in risorse.
L’autrice sottolinea anche il ruolo degli influencer e delle agenzie di moda nella promozione di una visione inclusiva della bellezza delle persone con disabilità. Negli ultimi anni, grazie anche all’avvento dei social media e al movimento della body positivity, si sta diffondendo una maggiore consapevolezza del fatto che la bellezza non ha standard predefiniti, e che ogni persona è bella a modo suo, con le proprie peculiarità e diversità. Case di moda come Vogue hanno iniziato ad includere nelle loro copertine e campagne pubblicitarie anche persone con disabilità, e il concetto di adaptive fashion, ovvero la moda ideata per individui disabili, sta prendendo sempre più piede.
Tuttavia, l’autrice non manca di sottolineare anche i potenziali rischi e lati negativi della tecnologia e dei social network per le persone con disabilità. Alcune persone, poiché considerate “diverse o non conformi” rispetto ai modelli proposti soprattutto tramite i social media, potrebbero sviluppare disturbi psicologici come depressione, disturbi dell’umore e disturbi alimentari. Per questo motivo, è importante promuovere un uso consapevole e responsabile della tecnologia, e fornire un adeguato supporto psicologico alle persone con disabilità che potrebbero essere più vulnerabili a questi rischi.
Conclusioni
Martina Zanon con questa tesi evidenzia come i social network possano rappresentare un potente strumento di emancipazione per le persone con disabilità. Queste piattaforme digitali offrono nuove opportunità di partecipazione sociale, di espressione personale e di empowerment, consentendo alle persone con disabilità di superare barriere, pregiudizi e stereotipi, e di affermare la propria identità e il proprio valore.
Tuttavia, l’autrice sottolinea anche come sia importante essere consapevoli dei potenziali rischi e lati negativi della tecnologia, e di promuovere un uso responsabile e inclusivo dei social network. È necessario continuare a lavorare per rendere queste piattaforme accessibili a tutti, per sensibilizzare la società sul tema della disabilità, e per promuovere una cultura della diversità e dell’accettazione, in cui ogni persona possa sentirsi valorizzata e rispettata, indipendentemente dalle proprie abilità o disabilità.